Intervista a Giona Nazzaro, direttore artistico del Locarno Film Festival

© Locarno Film Festival / Ti-Press / Alessandro Crinari

a cura di Ludovico Cantisani

Giona A. Nazzaro (Zurigo, 1965) è un critico cinematografico italo-svizzero, formatosi sulle pagine della storica rivista Cineforum, autore di diversi libri sul cinema e attualmente direttore artistico del Locarno Film Festival, una delle maggiori kermesse in Europa. Dopo il successo dell’edizione dello scorso agosto, la sua prima come direttore, il 12 settembre sarà a Roma, alla serata conclusiva delle Notti di Cinema a Piazza Vittorio, per lanciare Il cinema attraverso i Grandi Festival, la rassegna – organizzata da ANEC Lazio con il contributo della Regione Lazio – che dal 16 al 26 settembre porterà nelle sale una ricca selezione di titoli provenienti dai festival del cinema di Cannes, Locarno e Venezia. Per l’occasione sarà proiettato in anteprima Petite Solange di Axelle Ropert, film in concorso al Locarno Film Festival. Assieme a Nazzaro sarà presente anche Marco Solari, Presidente del Locarno Film Festival, e Monika Schmutz Kirgöz, ambasciatrice della Svizzera in Italia. Ad accoglierli il Presidente ANEC Lazio Leandro Pesci, l’Assessora alla Crescita Culturale di Roma Capitale Lorenza Fruci e la Responsabile Ufficio Cinema ABC Presidenza Regione Lazio Giovanna Pugliese.

Qual è stato il tuo percorso come critico cinematografico e come sei arrivato ad avere la nomina a direttore del Locarno Film Festival?

Frequentavo il Locarno Film Festival da anni come cinefilo e giornalista, poi ho iniziato a lavorare, con il festival, in qualità di interprete e traduttore, soprattutto per i film di lingua tedesca, austriaci, tedeschi o svizzeri. Da lì ho iniziato a stare dentro all’organizzazione, avendo sempre più incarichi che esulavano da quello di interprete come animatore di conferenze stampa o promotore delle masterclass con gli ospiti invitati. In questo modo ho avuto modo di conoscere una parte della macchina festivaliera locarnese, che mi ha permesso di avvicinarmi anche ad altre attività del Festival. Così poi è arrivata la proposta a dirigerlo.

La nomina a direttore nel 2021, secondo anno della pandemia, quali sfide ha comportato a livello di sicurezza pubblica?

Abbiamo dovuto inventare, di fatto, un modo per continuare a fare il festival, tenendo ovviamente presente che il valore non negoziabile era ed è la salute pubblica e la tutela della sicurezza degli spettatori. Dopo essere stati parzialmente fermi un anno, abbiamo iniziato a lavorare già da ottobre 2020, quando ancora non sapevamo che tipo di festival avremmo creato, alla messa in sicurezza e gli accessi nelle sale. Abbiamo immaginato nuovi sistemi informatici per la prenotazione dei biglietti, in modo da limitare il contatto fisico, e abbiamo sviluppato un app che fosse il più funzionale possibile. Questi sistemi sono stati progressivamente modulati sulla base delle decisioni del Ministero della Sanità elvetico, soprattutto rispetto alla capienza dei luoghi di proiezione. Ci siamo poi posti la questione dell’accesso delle persone non vaccinate, che potevano venire al Festival se presentavano un tampone negativo.

© Locarno Film Festival / Ti-Press / Massimo Pedrazzini
La foto qui sopra ritrae la serata conclusiva del Locarno Film Festival il 14 Agosto di quest’anno. 209 i film giunti alla 74ma edizione per un totale di 300 proiezioni. Immagine © Locarno Film Festival / Ti-Press / Massimo Pedrazzini

Come hai composto la squadra dei giurati?

La giuria principale l’ho scelta secondo un criterio “emotivo”: tentando di mettere insieme degli artisti di cui stimavo fortemente il lavoro e che avrei avuto piacere ad avere a Locarno. Tutti gli invitati rappresentano persone che conosco da molto tempo e con cui pensavo sarebbe stato fecondo discutere dei film che avevamo selezionato. Leonor Silveira era l’attrice prediletta di Manoel de Oliveira, e invitarla come giurata era un modo di omaggiare un grande regista, un’attrice immensa e la cinematografia di un intero paese. La scelta di Kevin Jerome Everson voleva omaggiare un eclettico artista, cineasta, scultore, documentarista, accademico e scrittore statunitense, assolutamente cruciale per la politica e la vita degli USA negli ultimi anni, vincitore del premio Heinz nel 2019. Isabella Ferrari è una attrice italiana con un forte approccio europeo nella composizione e nella scelta dei ruoli, ed è stata cruciale nel gestire le discussioni in seno alla giuria. Eliza Hittman è una delle registe statunitensi più interessanti in attività, Philippe Lacôte uno dei cineasti africani più visionari del momento.

Come è nata l’idea di attribuire il Lifetime Achievement Award a Dario Argento?

Dario è un regista che “venero”, è un regista che rappresenta una parte fondamentale della mia esperienza cinefila. Assieme al collega Manlio Gomarasca, che è un mio amico stretto con cui condivido una divorante passione per il cinema italiano, sapevamo che Dario era impegnato a recitare in Vortex di Gaspar Noé. Abbiamo allora pensato che sarebbe stato bello premiarlo per tutta la sua carriera, prendendo spunto dall’ennesima sfida professionale che aveva deciso di affrontare all’età di ottant’anni: reinventarsi come attore in un film senza sceneggiatura e completamente improvvisato, parlando in una lingua che non è la sua, e nonostante tutto riuscire ad essere commovente, credibile e assolutamente mesmerizzante. Abbiamo tenuto nascosta la notizia fino alla fine perché volevamo fare una sorpresa alla città di Locarno, con la quale Dario ha un rapporto molto forte: quando, il giorno prima, abbiamo annunciato l’assegnazione del premio, c’è stato un entusiasmo straordinario, e lo stesso Dario ha detto delle cose bellissime all’indirizzo della cittadinanza. Abbiamo deciso di far consegnare il premio a John Landis: anche se non l’abbiamo detto a nessuno fino alla fine che sarebbe arrivato Dario per questo premio alla carriera, nel programma c’era un indizio, il film di Landis Innocent BloodAmore all’ultimo morso, nel quale Dario Argento interpretava l’autista di un’ambulanza che raccoglie cadaveri. Era un piccolo indizio per dire “arriva anche Dario, e sarà premiato da Landis”. La premiazione è stata un momento molto bello, e vederlo passeggiare per Locarno è stato emozionante.

In attesa che esca nelle nostre sale, cosa puoi anticiparci de I Giganti di Bonifacio Angius, l’unico film italiano del concorso?

Bonifacio Angius è un regista in piena crescita, e I Giganti è un film che raccoglie il meglio di una certa idea di cinema italiano: la ferocia, ma anche la serietà e l’intensità dello sguardo sui maschi di un Marco Ferreri; un approccio molto preciso a realtà ambientale sarda, filtrata dallo sguardo tipico di Bonifacio, estremamente consapevole del cinema e della sua tradizione; a tratti mi è sembrato anche un film ferrariano, alla Abel Ferrara, ma reinventa molto bene anche la lezione di John Cassavetes, con la sua attenzione sempre partecipe verso personaggi non immediatamente amabili, ma comunque forti, autentici. Della selezione ufficiale I Giganti è stato il primo film che abbiamo invitato: lo abbiamo visto in una copia lavoro, ma era del tutto evidente la forza travolgente del film, ed era chiarissima la direzione dove Bonifacio stava andando. Qualche anno fa avevo già ospitato a Venezia, nella sezione organizzata dalla SNCCI, un corto di Angius, e quindi coglievo bene tra i due lavori una progressione evidente nei temi e nelle forme. I Giganti è un film che farà discutere, ma è un film di una grande onestà intellettuale, e dotato di un coraggio ancora maggiore.

Il festival di Locarno come ha aderito all’iniziativa di ANEC Lazio de Il cinema attraverso i grandi festival, e quali titoli del concorso principale e delle sezioni parallele saranno proiettati a Roma?

L’iniziativa è nata da un confronto con Massimo Arcangeli di ANEC Lazio e con i rappresentanti dell’Istituto Svizzero e dell’Ambasciata Svizzera a Roma. Noi del festival abbiamo detto che ci interessava essere presenti nello stesso contesto in cui Cannes e Venezia facevano vedere i loro film. I film che abbiamo scelto sono titoli rappresentativi di una continuità con la storia del Locarno Film Festival, ma anche della nuova direzione verso la quale il festival sta andando. Mi permetto di segnalare in particolare Soul of a Beast, film svizzero di Lorenz Merz, perché potrebbe cambiare percezione di quello che oggi è il cinema svizzero.

Axelle Ropert © Locarno Film Festival / Ti-Press / Alessandro Crinari
Axelle Ropert, nella foto qui sopra, è la regista di Petite Solange.  Il film, in concorso alla 74ma edizione del Locarno Film Festival, verrà proiettato il 12 Settembre alle Notti di Cinema a Piazza Vittorio. La serata sarà anche l’occasione per il lancio della rassegna ‘Il cinema attraverso i Grandi Festival’, una ricca selezione di titoli provenienti dai Festival di Cannes, Locarno e Venezia che verranno proiettati nelle sale romane dal 16 al 26 Settembre. Foto © Locarno Film Festival / Ti-Press / Alessandro Crinari

Cosa accadrà alla serata di gala del 12 settembre a piazza Vittorio?

Il 12 settembre presenteremo Petite Solange, il film di Axelle Ropert, che era stato presentato al programma ‘Films After Tomorrow’ quando il festival era andato in scena in maniera alternativa a causa della pandemia. È un film di una regista francese molto talentuosa, che racconta la storia di una bambina che deve gestire il divorzio dei suoi genitori. Nonostante questo sia un soggetto già affrontato in vari modi e in molte occasioni dal cinema, Petite Solange è un film davvero sorprendente, che mi permetto con grande umiltà di consigliare ai distributori italiani, perché è uno di quei titoli che potrebbe funzionare benissimo sia in autunno che in primavera, anche a livello di incassi ai botteghini. È quel genere di film che dopo i primi giorni di programmazione crea un grande passaparola molto preciso.

In che modo pensi che per le prossime edizioni del Locarno Film Festival continuerà a cooperare da un lato con gli altri maggiori festival europei, dall’altro con le sale disseminate nel territorio italiano e svizzero?

Questa è un’operazione che il Locarno Film Festival ha avviato già da diversi anni: noi crediamo che il futuro dei festival sia e debba essere “in rete”, non nel senso della rete digitale ma nel senso della cooperazione con altre istituzioni, altri festival o sale che siano. I festival e i cinema del territorio devono avere oggi un dialogo più articolato e profondo di prima, e possibilmente anche rinnovato, per affrontare le complessità della sfida delle trasformazioni che tutta la filiera dell’industria sta vivendo.


Nella foto in alto sotto al titolo, il direttore artistico del Locarno Film Festival Giona A. Nazzaro sul palco allestito in Piazza Grande per la 74ma edizione del festival svizzero © Locarno Film Festival / Ti-Press / Alessandro Crinari

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