Pubblicato il 10 Novembre 2021.
di Sabina Ambrogi
Leone d’Oro alla Biennale del Cinema di Venezia 78 La Scelta di Anne (L’Evénement) racconta la storia di un’interruzione di gravidanza, nella Francia del 1963, quando abortire era illegale (durerà fino al 1975) e “si va in prigione”. In questo paese senza contorni riconoscibili – potrebbe essere un paese europeo perfino attuale – si svolge il dramma a lieto fine di Anne Duchesne, interpretata dalla rumena ventiseienne Anamaria Vartolomei.
Anne è un’appassionata studentessa all’università di lettere, che sogna di fare la scrittrice. Vive in una qualche cité universitaire in stanze adibite agli studenti, ha diverse amiche, e le piace divertirsi ma passa, a seguito di un rapporto sessuale vissuto liberamente, dalla normalità dell’investimento intellettuale e la sfida con il futuro di giovane donna, all’inferno. Così, l’aborto clandestino, unica via praticabile in un contesto sociale che prevede la prigione, diventa un potentissimo espediente narrativo, chiave per entrare nel cuore di ogni problema delle donne, del corpo, dell’autonomia, dell’indipendenza: il dato storico degli anni ‘60 non confina l’argomento a un passato o a un paese che non esistono più, ma serve ad arrivare al centro della vicenda, rendendo il tema drammaticamente attuale. È una storia intima che assume da subito una dimensione collettiva, politica e imprescindibile.
Anne vuole solo la sua vita. Non vuole avere il destino delle casalinghe, vuole continuare a studiare. Sono presenti tutti i pilastri del viaggio iniziatico in cui la protagonista, piuttosto una supereroina guidata dal sentimento radicale di libertà, in una società totalmente ostile, conquista il suo regno. Del resto Anne, nata nel 1940, se non avesse fatto quella scelta, oggi, avrebbe avuto un’esistenza interamente determinata e disegnata dagli uomini.
L’ “evento” del film è preceduto da 12 settimane, termine ultimo che rende possibile l’interruzione di gravidanza. In questo contesto occidentale e contemporaneo, in cui si alternano lezioni di letteratura, si parla di sesso, di Camus e di Sartre si balla e si beve, si pongono per Anne, solo per lei, come se fosse un’aliena, le questioni fondanti dell’essere umano: vita, morte o prigionia. In nessun momento, e questo è il taglio fondamentale del film, la protagonista si pone il problema della maternità. Ma solo quello della condizione di libertà (senza mai cadere nell’egoismo) che la riguarda: cosa divento? Cosa mi fanno fare altri? Voglio studiare. Voglio scrivere.
L’Evénement titolo originale del film come anche quello del romanzo autobiografico di Annie Ernaux da cui è tratto (uscito in Francia nel 2000 e in Italia nel 2019) è un termine che il dizionario Larousse illustra, nel paragrafo dedicato alla psicologia, come “tutto ciò che modifica la realtà interna di un soggetto” e in quello della fisica “fenomeno considerato come localizzato e istantaneo che sopraggiunge in un punto e in un momento determinati”. Ed è precisamente questo “evento” il senso della trasformazione della giovane studentessa.
Così ha commentato la scrittrice in un’intervista sul film tratto dal suo libro:
“ Vent’anni fa, alla fine del mio libro, scrivevo che quanto mi era successo durante quei tre mesi del 1964, mi sembrava un’esperienza totale, del tempo, della morale, del divieto, della legge. Un’esperienza vissuta dall’inizio alla fine attraverso il mio corpo”
Anne è lasciata sola: dal ragazzo con il quale ha avuto il rapporto sessuale, dalle amiche che si affacciano al sesso con disinvoltura da pre ’68 senza però avere idea veramente di come il rischio della maternità possa essere centrale: la compatiscono, altre la giudicano, ma alla fine “il problema non è nostro”. Tutti hanno paura. Non si sa se della legge o perché aderiscono ancora ai tabù sociali, malgrado una finta liberazione di costumi prossima a venire. O entrambi. Anne non sa confidarsi con la madre, che si preoccupa del rendimento universitario che da brillante è passato a scarso, né ha dei medici che la sostengano, alcuni dei quali agiscono con sadismo esemplare.
Ma non è mai lasciata sola né dalla regista né dallo spettatore che l’accompagna senza mai abbandonarla un solo istante. Siamo spettatori totalmente fusi al personaggio. Per questo il film, che è piuttosto un’esperienza totalizzante, si fa duro, a tratti perfino insopportabile. Alla fine si esce trasformati, se si è donne, liberate. Se uomini consapevoli del corpo delle donne.
Al link il trailer che è soggetto a limiti di età e disponibile solo su YouTube